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About Aiello Calabro

CENNI GEOGRAFICI E STORICI

Aiello Calabro, a metà strada tra il mare e la montagna, è un piccolo paese, abitato da poco meno di mille e cinquecento anime, arroccato sulle colline dell’entroterra tirrenico cosentino che vanta un ampio territorio di circa 39 kmq, tra i 70 e i 1100 metri slm.
Confina con Cleto, Grimaldi, Lago, Martirano (CZ), Martirano Lombardo (CZ), San Pietro in Amantea, Serra d’Aiello.
Il comune conta numerose frazioni, ovvero, come riporta lo Statuto comunale: Acquafredda, Accroce, Alzinetta, Aria Rossa, Ballerino, Vattendieri, Bocca Ceraso, Borgile, Buda, Cacciolo, Calagnone, Calendola, Campagna Soprana, Campagna Sottana,Campo, Campo Castagniti, Cannavali, Carbonara, Carpinette, Caritello, Casaline, Castagniti, Cavaliere, Cappellano, Cicchella, Cerzeto, Ciurca, Convento, Copano, Copano Guarno, Copano Sottano, Cotura, Coschi, Fargani, Feragi Fiore, Fontanella, Foresta, Giampaolo, Giani, Guarno, Manche, Macchia, Magale, Massa, Massavetere, Melerose, Montenoci, Muraglie, Ortali, Passamorrone, Persico, Petrone Pianette, Piano Fontana, Plastino, Pundurale, Romia, Salandino, Santa Caterina, San Martino, Sant’Ippolito, Seminali, Serra Pilata, Sotto Orti, Stragolera, Spinoso, Tardo, Tavolone, Timpone, Timpone Bianco, Timpone Cuti, Tre Arie, Tubolo, Valleoscura, Vote.
Le sue origini risalgono al passato remoto. I ritrovamenti negli anni ‘60 in località Valle di alcune tombe databili al 550 a.C.sono testimonianze che il luogo era parte di quella antica Temesa, localizzata tra il fiume Oliva e il fiume Savuto. Furono rinvenuti alcuni oggetti in terracotta in una tomba a fossa contenente uno scheletro di donna. A distanza di anni, nello stesso rione Valle, durante i lavori di realizzazione della fognatura, furono ritrovati altri reperti. Tali oggetti, sottoposti in seguito all’esame di esperti, sono stati classificati come aryballoi (porta profumi corinzi del 550 a. C. circa).
Posto in un luogo strategico per il controllo delle vie di comunicazione, Aiello è stata nel corso dei secoli al centro di aspre lotte di potere. I Saraceni del vicino Emirato di Amantea, come racconta la leggenda, nel tentativo di farlo capitolare “per fame”, furono persuasi a desistere dal genio degli aiellesi che per dimostrare di avere scorte a sufficienza, dalle mura del castello lanciarono delle ‘pezze’ di formaggio ottenute dal latte delle loro donne. I Normanni, nel 1065, guidati da Roberto il Guiscardo lo assediarono per quattro mesi, prima di ottenerne la resa. L’importanza di questo lembo di terra “…grossa, nobile, et civile” è dimostrata nel corso delle alterne vicende storiche. Con gli Aragonesi, il feudo aiellese, dai Sersale fu assegnato al viceré di Calabria e futuro conte di Ajello, Francesco Siscar. Tale periodo fu molto florido e si registrò una notevole espansione demografica, sociale ed economica che continua con il Viceregno spagnolo in cui cresce l’agricoltura e la produzione della seta. Nel 1566 il Feudo viene acquistato per 38 mila ducati dal principe di Massa, Alberico Cybo Malaspina.
Con questa famiglia di origini liguri toscane, che ne mantenne la proprietà sino all’eversione della feudalità, lo “Stato di Aiello” passa da contea a marchesato e poi nel 1605 a ducato. A questo periodo si devono alcune delle più pregevoli testimonianze architettoniche artistiche e storiche del borgo antico: il palazzo Giannuzzi Savelli, detto dei Cybo, e la cappella gentilizia dei Cybo, dove è custodita la statua della Madonna delle Grazie, molto venerata dagli aiellesi. Nel decennio francese la cittadina passa nella giurisdizione del cantone di Belmonte, quindi nel governo di Rogliano, sino al 1811, anno in cui è capoluogo di Circondario (comprendente Terrati, Serra, Lago, Laghitello, Pietramala e Savuto). Nel 1905 un violento terremoto distrugge buona parte dell’abitato. Nel 1864 prende il nome di Aiello di Calabria che muta nel 1928 in Aiello Calabro, incorporando Cleto e Serra, i quali divengono comuni autonomi, il primo nel 1934, il secondo nel 1937.
Oggi Aiello, spopolato dall’emigrazione, conserva un suo fascino particolare per la storia che vi si respira, per le importanti architetture del tessuto urbano, per le tradizioni della sua cucina e dell’artigianato. Un giro per le viuzze che attraversano il centro antico, dominato dalla rocca che ospita i resti del grande castello, svelerà al visitatore le bellezze del paese, tra tutte il palazzo Giannuzzi Savelli e la cappella Cybo. Ma anche l’esteso territorio circostante, con le sue frazioni, è da scoprire. Consigliabile una visita al bosco del Monte Faeto, dove rilassarsi nel verde della natura.

COME SI ARRIVA AD AIELLO CALABRO
IN AUTO – A3 uscita per Falerna, imboccare la SS 18 in direzione nord per 9 Km fino al fiume Oliva (dopo Campora San Giovanni), svoltare a destra e percorrere la strada SP 51 (10 km circa) per Aiello Calabro; oppure – A3 uscita Rogliano/Grimaldi, imboccare la ex SS 108 in direzione Grimaldi fino ad Aiello Calabro (30 km circa).
IN TRENO – Stazioni di Paola o Amantea.
IN AEREO – Aeroporto di Lamezia Terme.

COSA VISITARE

Il castello
“…una delle prime fortezze del regno” (L. Alberti, 1525/26), è ubicato sul promontorio Tilesio. Secondo diversi documenti dovrebbe risalire al tempo di Francisco Siscar, viceré di Calabria sotto gli Aragonesi, ma ingloba strutture precedenti di epoca normanna. Il castello, da cui si poteva controllare una bretella della Via consolare romana Annia che sboccava al mare, fu di fondamentale importanza militare. Composto da: cinque porte ferrate e ponte levatoio, torri (il Mastio a base quadrata, la torre dell’Orologio e diverse torri d’avvistamento), cappelle, cisterne per i bisogni della cittadella, cinta muraria e cunicoli per le fughe, è andato in rovina a seguito dei terremoti del 1638, del 1783 e del 1905, oltre che per l’incuria dell’uomo. Tuttavia, restano eloquenti vestigia, quali: mura perimetrali, torri angolari speronate, cisterne, ed alcune stanze sotto le torri. Al castello si giunge attraverso una suggestiva via d’accesso, scavata nella roccia tufacea.

ANNOTAZIONE – Attualmente (dicembre 2023) sono in corso i lavori di restauro.

Il pizzone
O anche colle S. Elia, che sovrasta il quartiere Valle, e che troviamo anche citato nel Catasto onciario, è una piccola altura a ridosso della rocca Tilesio dove è posto il castello, e che ospitava un tratto di cinta muraria, ora scomparsa. Il toponimo S. Elia, peraltro, risulta essere tra i diversi toponimi italo greci presenti nel territorio aiellese. Tra colle Tilesio e colle S. Elia era posizionata una delle 4 porte urbiche, detta Porta Soprana o di Suso. Sotto al colle, o meglio, sotto al passo di S. Elia, c’era e c’è tuttora, una delle sette storiche fontane fuori le mura, che si chiama della Cisterna, come si legge anche nella mappa Schioppa. I due colli vennero definitivamente divisi con la costruzione della strada che taglia in due il paese, negli anni ‘20. Negli anni ‘80 del 900, dove era situato il palazzo Belmonte, distrutto dal terremoto del settembre 1905, venne costruito il Monumento ai Caduti in guerra (in precedenza posto in piazza ora Bruno Buozzi, poi a S. Maria e quindi di fronte al Calvario). Il Pizzone, ora attrezzato a belvedere dal quale si godono panorami sulla valle Olivo, il mar Tirreno e le Eolie, Monte Cocuzzo, monte Faeto e monte S. Angelo, è pure stato negli anni 20’ e ‘30,e probabilmente in precedenza (ma non abbiamo informazioni dettagliate), cava di pietra locale. Sia in località Valle, alla base del colle, sia sulla parete che si affaccia sulla strada che scende dalla Porta Soprana, si intravedono segni di costruzioni antiche.

L’ex Convento degli Osservanti
Il terremoto del 1638 non distrusse solo parte dell’abitato e del castello ma anche la struttura del convento sebbene quest’ultima non andò completamente distrutta. Infatti da un documento del 1771 si evince che, per un certo periodo coesistettero sia la nuova che la vecchia struttura. Sorto quindi originariamente in un sito diverso, ovvero in località Piano della Fontana o della Signora a seguito della donazione nel 1472 del terreno da parte di Francisco Siscar, il convento venne poi ricostruito a poca distanza (località S. Martino), intorno al 1735, utilizzando parte del materiale smontato dalla precedente fondazione.
Soppresso nel 1809, il convento, dopo vari tentativi di riportare la presenza dei religiosi, fu acquisito poi a metà del XIX secolo dal Comune che lo utilizzò per la costruzione del cimitero. Oggi, della struttura originaria non esiste che qualche rudere, oltre alla Chiesa di San Francesco, comunemente conosciuta come della Madonna delle Grazie, e alla Cappella Cybo, le cui parti architettoniche, come già detto, furono trasportate dal Convento vecchio.
La Chiesa della Madonna delle Grazie, caratterizzata dalle alte finestre ad ampolla, presenta, esternamente nello spigolo sud-est, una colonna con capitello ionico e tratto di trabeazione, alla cui sommità è collocato lo stemma in marmo di casa Cybo. Il portale d’ingresso del convento è in pietra tufacea scolpita con maschera al centro dell’arcata, con festoni di fiori e frutta. Entrando nell’atrio, abbiamo di fronte la Chiesa delle Grazie, a navata unica e con decorazioni in stucco. Nella parete di fondo (coro), conserva tre brani marmorei della fine del Quattrocento, ossia i bassorilievi raffiguranti l’Annunziata, l’Angelo annunziante e Dio Padre appartenenti al perduto monumento sepolcrale di Francesco Siscar, e provenienti anch’essi dal vecchio convento.

La Cappella Cybo
Il prospetto è alla sinistra dell’atrio, fu realizzata nel 1597 da Pietro Barbalonga con la collaborazione di scalpellini toscani. All’interno della cappella vi è l’altare in marmo verde e nero di Calabria, al cui centro, ormai irrimediabilmente perduto era un affresco del ‘500 di scuola napoletana che raffigurava la Madonna delle Grazie.
Nell’ex Convento si conservavano sino a poco tempo fa: una tela del pittore locale Raffaele Aloisio (1800-1887?), raffigurante Santa Filomena, restaurato dalla Soprintendenza di Cosenza e ora custodito in Comune, e una tavola, sempre dell’Aloisio, dipinta ad olio raffigurante la Madonna delle Grazie, restaurata anche essa e collocata al posto dell’affresco cinquecentesco oramai scomparso.

ANNOTAZIONE – Attualmente (dicembre 2023) sono in corso i lavori di restauro.

Le chiese
Oltre 10 chiese erano già presenti in Ajello, molte andate distrutte (S. Nicola, S. Giovanni, S. Domenica e S. Giacomo), altre ancora bisognevoli di restauro, nel cui interno conservano opere d’arte non sempre valorizzate come meriterebbero.

Santa Maria Maggiore
È la Chiesa Matrice di Ajello. Fu fondata forse prima del Mille sebbene alcuni studiosi affermino che fosse stata eretta nel 1321 ed elevata a parrocchia nel 1417. È a pianta basilicale, con tre navate.
Al termine della nave centrale spicca l’abside racchiuso dall’arco trionfale a tutto sesto. L’altare maggiore in marmi policromi è opera di bottega napoletana del XVIII secolo e proviene dalla distrutta chiesa di S. Giacomo presso il Monastero delle clarisse (oggi vi è il Municipio), assieme alla balaustra. Nella navata di sinistra sono posti l’altare dedicato a S. Francesco di Paola e l’ingresso alla cappella del Sacro Cuore, già di San Geniale. Nella navata di destra, vi è allocato l’altare dedicato a S. Antonio da Padova e l’ingresso – ora murato – della aappella del SS. Sacramento (che era di giurisdizione della Congrega omonima a cui aderivano le famiglie nobili della Città), andata distrutta col terremoto del 1905. Di tale struttura rimangono le mura perimetrali e i resti dell’altare in marmo. La facciata presenta un notevole portale litico di gusto tardo-gotico con lunetta ogivale della fine del XV secolo. Sulla destra si erge la cinquecentesca torre campanaria a pianta quadrata. Nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, inoltre, si conserva(va) un Ostensorio in argento lavorato a cesello (ora nel museo Diocesano di Cosenza).

ANNOTAZIONE – La Chiesa è in attesa di finanziamenti per i lavori di restauro.

San Giuliano
Nella Chiesa di S. Giuliano aveva sede la Congrega del SS. Rosario a cui aderivano gli artigiani cittadini. La chiesa, a due navate, si fa risalire al XV secolo. All’interno spicca il notevole arco santo ad ogiva e l’altare maggiore sottostante di gusto neoclassico. Vi sono ancora tre cappelle: in quella di sinistra è conservato un paliotto d’altare ligneo in stile barocco; in quella di destra, della Madonna del Carmine, si trova un’arcata decorata a grottesche opera di Pietro Barbalonga e gli affreschi di Raffaele Aloisio, in via di deterioramento. Il ciclo pittorico raffigura la Decapitazione di S. Giovanni Battista, la Madonna del Carmine in gloria e la Sacra Famiglia. Vi si conservano inoltre un vecchio organo del 1800 e una piletta dell’acqua santa del Xv secolo.

ANNOTAZIONE – Attualmente (dicembre 2023) è chiusa ed è in attesa di finanziamenti per i lavori di restauro.

S.S. Cosma e Damiano
Purtroppo le poche notizie su questa chiesa non ci permettono di tracciarne un quadro completo.
È esistente almeno sin dal 1599. Ha nella facciata un portale seicentesco di maestranze locali (roglianesi), e al suo interno, nella volta, un affresco probabilmente attribuibile all’Aloisio. L’abside è decorato con stucchi. In passato fu sede della Confraternita dell’Immacolata.
Madonna del Rosario di Cannavali
La graziosa chiesa intitolata alla Madonna del Rosario, era parrocchia sino a qualche decennio fa. Al momento si conosce l’anno di erezione ma risultava esistere già nel XIX secolo.

Madonna del Rosario di Cannavali
La graziosa chiesa di Cannavali, intitolata alla Madonna del Rosario, era parrocchia sino a qualche decennio fa. Al momento, non sappiamo l’anno di costruzione, ma dalla documentazione che abbiamo ritrovato, già a metà 1800 aveva necessità di restauri.

I palazzi

Il Palazzo Viola
Il palazzo Viola (proprietà Giannuzzi) del XVI secolo ha una secentesca balconata in ferro battuto di stile barocco al cui centro spicca uno stemma marmoreo con festoni a rilievo dei Viola. Il portale è in tufo decorato.

Palazzo Maruca
Il palazzo Maruca (proprietà Belmonte) è caratterizzato ai due angoli dalla presenza di stemmi gentilizi. Al suo interno si conserva una lastra tombale di un antenato Belmonte, che prima era allocata nel palazzo Belmonte, sito in Via Castello, prospiciente il palazzo De Dominicis, distrutto dal terremoto del 1905.

Palazzo De Dominicis
Nel palazzo De Dominicis (proprietà Russo-Brasacchio) vi è un caratteristico balcone barocco che risale al XVI secolo.
L’androne è caratterizzato da una scalinata decorata in pietra che si divide in due ali.

Palazzo Di Malta
L’imponente Palazzo Di Malta del 1600, costruito con grandi blocchi tufacei, ha sulla sommità del portale uno stemma gentilizio ed è arricchito da un giardino con grandi piante secolari.

Palazzo Giannuzzi conosciuto come Cybo-Malaspina
Il palazzo Giannuzzi Savelli, per molto tempo conosciuto come Cybo-Malaspina, è una delle emergenze architettoniche più rilevanti del patrimonio culturale aiellese.
Il palazzo (in “loco ditto in pede di Piaza) fu acquistato nel 1589 da Marco Giannuzzi Savelli dalla famiglia allora proprietaria, almeno dal 1504, dei De Amato, assieme al Suffeudo di Donna Guglielmina. Dunque del palazzo, in quell’epoca: “… la Camera Ducale (non) vi possiede abitazione alcuna, tantoché l’affittatore ed erario stanno a case d’affitto…”, ed inoltre, la Casa ducale Cybo “possiede solamente una stanza nell’angolo della città verso Ponente, situata sopra di un membro terraneo posseduto da D. Giuseppe Belmonte accosto un picciolo orticciuolo col Giardino del Reverendo D. Francesco Arlotti…”.
La proprietà del Palazzo rimane ai Giannuzzi sino a dopo il 1822 allorquando l’edificio viene acquistato dalla famiglia Viola, attuale proprietaria.
Danneggiato dal terremoto del 1638, fu ricostruito nel quinquennio 1638-43.
Presenta una facciata con intonaco rustico e paraste in pietra a “bugne” negli angoli. Un cornicione divide il piano terra dal piano nobile. Il portale ha due colonne laterali di ordine dorico-tuscanico che reggono una trabeazione con maschera, su cui è posto il balcone con balaustre. Sul fastigio del balcone spicca lo stemma gentilizio dei Giannuzzi. A destra e a sinistra del piano nobile vi sono finestre modanate, mentre quelle del piano terra sono inquadrate da mostre in pietra evocanti un bugnato. L’androne è in stile romano, con trabeazioni, nicchie, e scale decorate in pietra. Infine, nella facciata laterale, si possono ammirare le ringhiere dei balconi in ferro battuto.

ANNOTAZIONE – Restaurato nel 2022.

GASTRONOMIA
Sulle tavole degli aiellesi, assieme ai primi piatti di pasta fatta in casa: maccarrùni (tagliatelle), strangùgli (gnocchi), vi sono sostanziosi secondi piatti: vrasciòle di carne di maiale, suràche (fagioli) cotte nella pignàta, con curàcchia (cotiche), sàvuza (pietanza con le zucchine, pangrattato, aceto, menta e aglio), vecchiarèlle de juri e cucùzze (frittelle di fiori di zucca), e tantissime e buonissime altre prelibatezze, come i cullurìelli. Il tutto condito con il tipico olio di oliva locale, di ottima qualità. Le pietanze, naturalmente, vanno accompagnate con il robusto vino rosso locale. Come non ricordare la tradizionale usanza di allevare suini e la pregevole arte di fare insaccati: suppressate piccanti, capicolli, viJJulari (il guanciale di maiale), oltre che la buona produzione di formaggi, ricotte ecc. Pure i sott’oli e i sott’aceti che rendono gustoso e piacevole lo stare a tavola aggiungono un tocco di sfiziosità alla cucina aiellese. Passando ai dolci, menzioneremo tra tutti, il dolce prettamente caratteristico di Aiello: u ‘nginettu, dolce di pasta secca ricoperto di glassa detta gilep, fatta da zucchero e albume d’uova. Poi abbiamo i turdilli (dolci di pasta fritta con glassa di miele), le scalille. Buona la produzione di conserve (pomodori) e marmellate varie, oltre che la produzione di miele d’api. Prodotti tipici aiellesi sono: oltre ai taralli (biscotti speziati con àranzu (anice) e finocchio); i fichi lavorati (crucette e fichi ricoperti di cioccolato), conosciuti in tutto il mondo; poi i palloni (fichi secchi caramellati al forno e avvolti in foglie di fichi, legati con fili di ginestra); le jette (fichi al forno, infilzati in bastoncini di canne). Possiamo vantare, inoltre, l’originale ricetta di un dolce ingiustamente passato come tipico della Liguria e della Toscana: il pandolce, che ad Aiello prende il nome di pane e Santu Martinu (principali ingredienti: fichi, uva passa, noci). Infatti, le origini di tale dolce – secondo la tesi di un produttore locale di questo dolce – sarebbero da considerare cosentine, e nella fattispecie aiellesi. Le regioni menzionate, avrebbero acquisito tale ricetta dalla famiglia Cybo, sottraendone la paternità agli aiellesi. Ancora, tra i prodotti tipici di questa terra, possiamo annoverare: funghi, di qualità gastronomiche eccellenti (boleti, agarici, canterelli ecc.); gustose e profumate fragoline di bosco; castagne; noci ecc.

ARTIGIANATO
Come del resto in molte zone della Calabria (per mancanza di nuove leve che intraprendano l’arte del fare dei padri), l’artigianato di Aiello va perdendosi inevitabilmente. Sono pochi ancora gli artigiani che intrecciano a mano, con giunchi e vimini, i tipici oggetti d’uso quotidiano: i delicati crivìelli (setacci), sporte (ceste), fuscelle (forme per il formaggio) e panàri (cestini).
È (era) diffusa tra le donne la tradizione di fare il corredo per le figlie facendo tèssere allu tilaru (telaio), preziosi filati (coperte, tovaglie ecc.). Alla tessitura, particolarmente distribuita nel cosentino e in Aiello, era pure collegato l’allevamento dei bachi da seta e la produzione dei cucùlli (bozzoli).
È purtroppo scomparsa l’usanza di modellare in terracotta: cùcume (brocche), pignate, e ceramili (tegole). Tale usanza era particolarmente presente a Borgile, frazione del comune di Aiello, dove si conservano le antiche fornaci (carcare). Pregevoli, infine, i manufatti in ferro battuto e quelli in legno, di alcuni artigiani tuttora in attività.

TRADIZIONI
Non mancano le occasioni di relax e di divertimento. Aiello, infatti, è teatro di manifestazioni d’arte e cultura, di rievocazioni storiche e religiose, di folclore, di spettacoli.
A febbraio, il cinque del mese, oramai dal 1783, ricorrono i festeggiamenti di S. Geniale e Vutu. Infatti, “e vutu”, poiché il Santo preservò la città, limitando i danni dal terribile terremoto. In questa giornata, si celebrava messa e si andava in processione per le vie del paese con la statua di S. Geniale.
La prima domenica di maggio ha luogo invece la festa “patronale”, con solenne processione e lancio di singolari palloni aerostatici.
Le reliquie del Santo giunsero ad Aiello il 26 luglio 1667, concesse da papa Alessandro VII (per interessamento del cardinale Alderano Cybo) nel 1656 (anno in cui furono estratte dalle catacombe di S. Lorenzo in Roma il 4 maggio). Nel pomeriggio della festa patronale, si svolgeva il famoso gioco du casu, di origini medioevali. A Carnevale, la cittadina aiellese si traveste, e maschere estemporanee sfilano lungo il corso principale.
Un altro appuntamento da non perdere è il primo luglio e il due, quando si festeggia la Madonna delle Grazie. Con solenne processione notturna (il carro adobbato artisticamente, porta la statua lignea della Madonna, percorrendo la via pellegrina, dall’ex Convento degli Osservanti, dove la statua ha sede nella pregevole Cappella Cybo, per la Chiesa Matrice di Santa Maria. Durante il tragitto, è quanto mai affascinante ammirare lo scintillante Castello, addobbato con una luminaria, e le panarine che delimitano il cammino dei fedeli. Il giorno dopo, la Madonna ritorna, accompagnata dai fedeli, al cenobio francescano. Durante la festa, hanno luogo: la fiera, istituita con decreto del 28 aprile 1842; spettacoli musicali e, giochi popolari tradizionali (pignate, sacchi ecc.).
Tra luglio e agosto, l’estate aiellese, scandita dai bagni di sole e di mare nella vicina Coreca, e dalle passeggiate pomeridiane nel bosco Faeto (Casellone), è animata da manifestazioni musicali, teatrali, cinematografiche, culturali e folcloristiche.
Ottobre e Novembre sono i mesi dedicati alle sagre enogastronomiche: vino novello (S. Martino), crucette (fichi), e cullurìelli.
A Dicembre infine, per il Santo Natale, si organizzano fòcare (falò); addobbi delle vie del paese; concerti di zampognari; i presepi nelle case; il grande albero di Natale. Da qualche anno, il 29 dicembre ed il 5 gennaio, ha luogo il Presepe vivente.

ACCOGLIENZA TURISTICA

Punti di forza e criticità
Come si evince da quanto sinora ricordato, il paesino di Aiello Calabro è un luogo in cui trascorrere qualche giorno in tranquillità, a ritmo lento. Oltre a visitare il centro storico, il castello, l’ex convento e magari anche le numerose frazioni, gustare i piatti della tradizione locale, c’è anche la possibilità di fare trekking e/o mountain bike, perché il territorio circostante si presta alle escursioni, essendo ricco di boschi. Già da qualche anno, sia appassionati locali, sia associazioni come il CAI di Cosenza, scelgono Aiello, monte Faeto (insieme con monte S. Lucerna) e monte S. Angelo, per fare escursioni (sia trekking che in Mtb) all’insegna di natura e storia. Tra gli itinerari: Casellone – laghetto Tenise e S. Lucerna, o l’anello Aiello – Cleto – Aiello (anello dei due castelli) o per i più allenati Aiello – Cleto – Savuto e ritorno (anello dei tre castelli). Anche altri sentieri sono attualmente in fase di sviluppo, come quello dedicato al Cammino di Tarquinia Ferrise (da Amantea ad Aiello) che rievoca il cammino che fece la donna aiellese insieme al popolo per andare incontro all’arrivo delle sacre Reliquie del Patrono San Geniale (26 luglio 1667), o quello Sulle Terre di Temesa (Campora, Serra d’Aiello, Aiello). Inoltre, è in procinto di essere firmata una convenzione tra Comune di Aiello Calabro e CAI Cosenza per la manutenzione dei sentieri (bretelle di collegamento al Sentiero Italia) e la segnaletica.
Altre iniziative da segnalare, che vanno in direzione dello sviluppo turistico sostenibile c’è anche la richiesta di adesione del Comune all’associazione Borghi più belli d’Italia.

Accoglienza – Una fotografia della situazione attuale
Al momento, Aiello può contare su alcune strutture di accoglienza che elenchiamo di seguito.
• Ristorante (centro storico) – 25 posti a sedere
• 3 bar con punti ristoro o anche pizzeria – posti limitati all’interno o all’esterno
• 2 agriturismi (uno in montagna e l’altro lungo la strada del fondo Valle Olivo)
• 1 B&B (da verificare se in attività)
• Case di privati
• Alcune case di proprietà del comune adibite al momento non per case vacanze
• un palazzo storico che è in fase di decisione se trasformarsi in B&B.

Altre strutture e servizi presenti
• Pro loco
• Museo civico (attualmente chiuso)
• Biblioteca comunale (in fase di apertura)
• Teatro cinema comunale in attività
• Ufficio postale
• Carabinieri
• Carabinieri forestali
• Uffici comunali
• Scuole elementari e medie
• Guardia medica
• Distributore di benzina
• negozi di alimentari
• Farmacia
• Parrocchia di S. Maria maggiore
• Istituto Suore

Criticità
Mancano:
• Posti letto
• altri punti ristoro
• negozi di souvenir e di artigianato
• Bagni pubblici (presenti però su belvedere Il Pizzone, Comune, teatro)
• Punto informativo
• Servizi guide
• servizi noleggi Mtb

Fruizione beni culturali non ottimale attualmente
• Castello in fase di restauro
• chiesa e cappella Cybo in fase di restauro
• chiesa di S. Maria – urge restauro e serve convenzione per visite
• Chiesa di SS. Cosma e Damiano – idem
• Chiesa di San Giuliano – urge restauro
• Palazzo cd Cybo – serve convenzione per visite

Fruizione beni naturali
• Per gli itinerari su menzionati serve cartellonistica.

Aggiornamento 30.11.2023

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