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Ad Alessandro Manzoni, una poesia di Franco Pedatella per il centocinquantesimo anniversario della morte


Caro Alessandro, stan tentando ancora
di toglierti dai banchi della scuola,
dicendo che quel tuo grande romanzo
e il tuo Napoleon che vince e muore,

esempi di pietosa man divina
che tutto regge e i deboli protegge
e i forti atterra e affanna e poi consola,
non interessan le generazioni

di giovani che col telefonino,
con il computer e la leggerezza
del lor pensare e del fantasticare
crédon di dominar lor vita e il mondo.

Maestro fosti di realismo sano,
coi forti che soccombono e si fanno
artefici di aiuto a chi han pestato,
tranne l’irriducibil malfattore,

e i deboli ognór perseguitati
e infine a dignità restituiti.
Perciò ai giovani hai da dire ancora
ov’è giustizia, ov’è decoro d’uomo.

Non nobili, non re, non cavalieri
protagonisti son del tuo romanzo,
ma due giovani umíli popolani,
vittime del mal fare dei potenti.

Il loro fare, il lor lottare e dire
ai giovani dimostra che lor vita
sfugge al destino altrove stabilito
e artefice fa l’uom del suo avvenire.

Il tutto avviene sotto l’occhio vigile
e attento di Divina Provvidenza,
che al mìser guarda con benevolenza
ed al potente oppone resistenza.

Ѐ questa una gran rivoluzione
nella letteratura italiana,
u’ prima primeggiavano i signori
e dame lor di nobili natali.

Tu illumina, perciò, la mente a quello
che con lo sguardo bieco e mente chiusa
vuole in soffitta al buio collocarti
e mettere a tacer la tua parola.

Coraggio e forza dona a chi sostiene
che il tuo parlar è guida, forza e amore
nel mondo ove con strumenti nuovi
dissangua il prepotente, schiaccia e impone

e il debole ha sete di giustizia,
ha fame, muore in mar, perisce in guerra,
guarda il figliuól che ha fame e in man gli spira,
dal cielo attende man che lo sollevi.

Tra noi ci sono ancora i don Rodrigo,
l’Innominato, il Nibbio, il Griso ed altri,
il Padre Provinciale, don Abbondio,
Renzo e Lucia e tanti come loro

che avrian bisogno di Padre Cristoforo
e di altri come lui, moltiplicati,
di una pagnotta sola soddisfatti,
portata come “pane del perdono”.

Di festeggiarti or fingon gli italiani
con cerimonia solo esteriore.
Invece, se davvero ti stimassero
maestro della lingua e del sentire

comune del popolo italiano,
dovrebbero lasciarti sugli altari
di una scuola libera che in giovani
promuove conoscenza e formazione.

La tua modernità, direi immortale,
è sotto gli occhi di chi vuol capire:
soggetto è il vero, l’interessante è il mezzo,
l’utile è il fine estremo d’arte tua.

Quelli che stanno in cattedra e in politica,
che son chiamati a dire queste cose,
indegni son del posto u’ stan seduti,
se chiare non intendon queste cose

e ignoran che fosti anche Presidente
di degna Commission Ministeriale
che lavorò a unificar la lingua
e a completar sul piano culturale

il movimento del Risorgimento
che fece dell’Italia un solo Stato
con una legge, una lingua sola,
un solo governo nazionale.

Questa è la voce della scuola mia,
aperta sempre per gli alunni miei,
che mai non cede a mode e a infingimenti,
ma punta all’istruzione e formazione.

Aiello Calabro, 22 maggio 2023 | Franco Pedatella

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