Il ricordo del terremoto del 1638 nelle pagine di "Ajello Calabro" di Rocco Liberti (editrice MIT Cosenza 1969), che riportano la poesia Fermati o viandante di Giuseppe di Valle.
o viandante.
Non ti farò indugiare.
Ohimè, ohimè, ora son irti
e
squarciati
ruderi
quei bastioni che
la Magna Grecia edificò
saldi contro il nemico
lusingando
Flora, Pomona e Cerere.
E si abbatté insospettato
il terremoto
nelle soavissime delizie.
Ohimè quanti morti.
Ohimè quanti morti
quanti dirupi ohimè
nonché vita scorrente
in cruento e frettoloso sepolcro.
Va' ora e impara la sorte della Terra
dal destino sfavorevole.
Impara la lealtà della Terra.
Non ti farò indugiare.
Ohimè, ohimè, ora son irti
e
squarciati
ruderi
quei bastioni che
la Magna Grecia edificò
saldi contro il nemico
lusingando
Flora, Pomona e Cerere.
E si abbatté insospettato
il terremoto
nelle soavissime delizie.
Ohimè quanti morti.
Ohimè quanti morti
quanti dirupi ohimè
nonché vita scorrente
in cruento e frettoloso sepolcro.
Va' ora e impara la sorte della Terra
dal destino sfavorevole.
Impara la lealtà della Terra.
1638
Giuseppe di Valle
superstite inconsapevole
e piangente della distrutta Patria.
Giuseppe di Valle
superstite inconsapevole
e piangente della distrutta Patria.
Per approfondimenti sul sisma vedi:
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