Nell'occasione della giornata odierna, 17 marzo, riproponiamo i testi allegati, di Franco Pedatella, pubblicati per la prima volta in occasione della ricorrenza del 150° Anniversario dell'Unità d'Italia (1861 - 2011).
Nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
Si leva ai piè dell’Alpi
un venticello
che brulicando invade Val
Padana
e da Vesuvio ed Etna risponde
un risonar di fronde tra
le selve
che l’aere move e lanciasi
sull’onda
e l’agita dall’uno
all’altro mare
sí che risponde il Ligure e
la sponda
che umido fa il piè di
Serenissima.
L’inizial soffio ormai si
fa tempesta
e il cuor raggiunge della
bella Italia.
Questo di Scipio il gladio
in man riprende,
rinasce la Repubblica
Romana.
Movono i cuori con gli
astati drappi
Dante, Machiavelli con
Vittorio:
col patrio idioma l’un,l’altro
col Prence
vedon realizzato un popol solo,
che piace all’Astigiano
cui il cuor freme
di patrio amor e tragico
sentire,
che san di libertà come al
Parini
piacque ed al cantor
d’Itale Muse
cui spirto diêr le Vergini di Grecia
e il verso gli plasmâr d’avìto incanto.
D’Ugo io dico, che di
libertà
soffiò nel cuore di
Mazzini il seme
e questi a tanti giovani
‘l trasmise
sί che in fin giunse al cuor
di Garibaldi,
che i Mille armò a smuovere
il Borbone
dalle ridenti terre e al
Sabaudo
un regno diè ch’era follia
sperare.
Tessette il Conte tela al
suo telaio
che adatta non sempr’era
alle contrade
da secolar servaggio
afflitte e prone
ma pur da laboriosità baciate,
che fatto avea beate
quelle genti.
D’acciaio industrie e
lunghe ferrovie,
filar di seta e vigne al
sol distese,
nettare oleoso d’uliveti,
tutto smontâro i frati piemontesi
e se ‘l portâro al piano nebuloso,
pure le forti man di
schietti giunchi.
Tutti partîro e qui lasciâr le spose
primieramente e poi quelle
seguîro
e si spostò così gran
massa umana,
che si chiamò la grande
emigrazione.
Per fronteggiar
piemontesizzazione,
che vera e propria fu
occupazione,
divenne il Bruzio terra di
briganti,
i quai non sempre fûro delinquenti,
e Re Vittorio usò l’armi
da guerra
e ciò addusse pure
depressione.
E pure nelle casse della
Stato
finì del Sud ogni
provvisione.
Poi l’ignoranza e
l’analfabetismo
vestiti di cattoliche
bandiere
forza dïêr a oligarchie locali
di lupi borghesi e
proprietarî.
Quindi non poco
l’unificazione
pesò col sangue in capo al
Meridione,
che nel mercato n’ebbe
solo danno
e pagò pure in
sottomissione.
Di povertà seguirono
decenni
che attanagliâro la popolazione
ad una condizione
subalterna
che si chiamò meridional
questione.
Eppure generosi avean
donato
anche intelletti svegli alla
nazione
quelli che sub Borbone
eran vissuti
e per la libertà s’eran
battuti.
Giovani vite avean
sacrificato
Reggio e Messina, quando
s’era scosso
il Meridione generosamente
per liberar dal giogo il
proprio collo.
La storia scrive sempre il
vincitore,
è legge questa quasi di
natura,
però talvolta verità
riaffiora
e la sua forza fassi
dispensiera
di colpe e merti che in
prescrizione
non van pe ‘l tribunale
della storia,
ove scadenze non son di
giudizî
e verità finale è
universale.
Ma quel ch’è fatto è cosa
consacrata,
del Piave l’onda e il
Carso l’han segnata,
fratelli si son detti i
combattenti
quando il destin sfidavano
in trincea
o i partigian battéano le
boscaglie
facendo resistenza
all’invasore
che sempre dalle mal
vegliate Alpi
a noi veniva a pôr suo piè sul petto.
Tutte or bandiam le
rivendicazioni,
siam tutti uniti a fare
una nazione,
uguale nei diritti e nei
doveri,
intesa a perseguir la sua
missione
che assegnolle il
Rinascimento,
Leonardo, Galileo e
Buonarroti,
dai grandi principiando
del Trecento,
fin l’anime genial
dell’Ottocento!
E qui tra l’altre s’alza
dirompente
la voce d’Alessandro che
ci vuole
liberi solo se saremo uni
sotto un vessillo sol che
spira amore.
Eco le fan da luoghi assai
lontani
un grido dal Vallone di
Rovito,
un altro da Belfiore e
dallo Spielberg
e l’urlo, poi, di Carlo
Pisacane.
Gridan vendetta a chi
voglia tradire
il sangue di Custoza e
Solferino,
di San Martino e i giovani
trafitti
nei campi di Repubblica
Romana,
in su le mura della
Veneziana,
sopra le barricate di
Milano,
a Osoppo, a Curtatone e a
Montanara,
a Goito, a Napoli e a
Palermo;
e quelli che a Gerace
fucilati
fûro perché avéano cospirato
avverso alla tirannide
crudele,
perciò esemplar martirio
lor fu dato.
Degli Italiani gridano
alle orecchie
le rocce d’Aspromonte e
Porta Pia,
Mentàn, Bezzecca, Lissa, ‘l
Buon Consiglio
ed altre voci al patrio
suol donate.
Attendono ancora con
stupore
risposta alle richieste
sacrosante
color che per le terre a
lor promesse
da coltivare a Bronte
s’immolâro.
Unione e libertà furon
parole
che per contrade innùmeri echeggiâro
e fêr di bocche e petti un solo
coro
ch’ora disaccordar sarìa
nefando.
Uniti siam nel nome di
Vittorio
Veneto e delle pugne del
conflitto
che le contrade patrie insanguinâro
per pôr le basi all’attual
Repubblica,
che per la prima volta nella storia
uscì universalmente
popolare
per volontà di quelli che
soffrîro
e proclamâr con forza Italiana.
Corra ancor oggi questo
nome santo
D’egualità fra tutti si
sostanzi!
Vòlser cosí i Padri fondatori.
Franco Pedatella
Cleto, 23 ottobre 2010
Blog: francopedatella.com
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