di Franco Pedatella
Amantea, 4
febbraio 2014 - Una scuola che lavora bene è faro per la società che le vive
intorno e depositaria degli stimoli necessari a promuovere saperi dinamici,
cioè saperi che producono altri saperi, che allargano la conoscenza perché non
si limitano ad offrirsi come punto di arrivo della ricerca ma, come deve
essere, si propongono come acquisizioni costantemente proiettate a suscitare la
curiosità, se non il bisogno, di andare oltre. È il caso dell’Istituto
Comprensivo Statale “G. Mameli” di Amantea, nel cui Auditorium oggi si è svolta
la celebrazione della “Giornata della Memoria 2014”. La manifestazione, che
rientra nel progetto “Primo Levi in Calabria”, si è giovata della
collaborazione dell’Associazione “Il Coviello” e della presenza autorevole del
prof. Fabio Levi, Direttore del Centro Internazionale di Studi Primo Levi e Professore di Storia
Contemporanea all’Università di Torino, e della dott.ssa Roberta Mori,
Responsabile delle attività e del settore didattico del Centro medesimo. Erano
presenti il Sindaco ff.di Amantea, Michele Vadacchino, e per il Comune di Lago,
le cui scuole rientrano nello stesso Istituto Comprensivo, l’Assessore Giovanni
Barone, in rappresentanza del Sindaco Cupelli. Erano
presenti, altresì, docenti e dirigenti di
altre scuole di Amantea e del circondario, tra cui il Dirigente dell’Istituto
d’Istruzione Superiore Liceo Scientifico – IPSIA - Tecnologico, prof.ssa Eleonora Saia,
accompagnata dalla prof.ssa Filomena Mileti.
La
manifestazione ha avuto inizio alle ore 9,30 con la lettura di alcuni brani
tratti dall’opera “Se questo è un uomo” di Primo Levi, a cura della dott.ssa
Franca Dora Mannarino, innanzi ad un numeroso pubblico di ospiti e di alunni,
particolarmente attenti ed interessati.
Segue
l’intervento del Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo “G. Mameli”,
prof.ssa Caterina Policicchio, che dà il benvenuto e rivolge un caloroso saluto
e ringraziamento ai numerosi ospiti presenti, tra cui, oltre quelli già
menzionati, il Comandante la Stazione dei Carabinieri di Amantea, maresciallo
Antonino Claudio Vivona, il Comandante dei Vigili Urbani di Amantea, Emilio Caruso, i dirigenti e i docenti delle altre scuole, l’ing.
Francesco Socievole ed il dott. Aldo Andreani, rappresentanti del Rotary Club
di Amantea. Un ringraziamento particolare rivolge a quanti hanno collaborato
all’organizzazione della manifestazione, tra cui l’Associazione “Il Coviello”
nella persona del suo Direttore Artistico, prof. Salvatore Sciandra, e del
Presidente, dott.ssa Franca Dora Mannarino, l’Assessore Barone, le prof.sse
Erminia Lico e Concetta Mileti per il cortometraggio “Annientamento” ideato da
esse medesime e realizzato in
collaborazione con “I Cinematici”; al prof. Fabio Levi ed alla dott.ssa Roberta
Mori per la testimonianza che sono venuti a dare all’evento. Ringrazia gli
alunni dell’Istituto Comprensivo di Amantea e Lago e i docenti che hanno
organizzato attività nelle classi per promuovere la conoscenza della figura di
Primo Levi e dell’evento drammatico dell’Olocausto e li hanno guidati ed
aiutati nelle attività di partecipazione ed organizzazione. Ricorda che anche i
bambini della Scuola Primaria hanno fatto dei cartelloni e quindi hanno
partecipato alla manifestazione. Quindi
sviluppa alcune riflessioni sul significato della “Giornata della Memoria”,
richiamando alla memoria dei presenti quel 27 gennaio 1945, quando alle truppe
dell’Armata Rossa si aprirono i cancelli del terribile campo di concentramento
nazista di Auschwitz, ed invita a riflettere su quanto è accaduto al popolo
ebraico e agli altri deportati, tra cui quelli militari e politici italiani nei
campi nazisti, “in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un
tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché
simili eventi non possano più accadere”. Da questa esperienza terribile nasce
la necessità di non abbassare la guardia di fronte al ripetersi di episodi di
razzismo e discriminazione. Si dice fiduciosa nella collaborazione di tutto il
personale della scuola per tenere vivo in queste giornate il ricordo della
Shoah, poiché la maturazione di un’etica della responsabilità individuale e
collettiva nei giovani contribuisce al processo di promozione dell’esercizio di
una cittadinanza attiva e consapevole.
“Sappiamo
che spesso è difficile ricordare, come afferma con amarezza Primo Levi quando
dice: ‘La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma ingannevole…Il ricordo
di un trauma, patito o inflitto, è esso stesso traumatico perché richiamarlo
duole o almeno disturba’; ma io credo che tutti dobbiamo essere convinti che il
ricordo della Shoah sia utile alle nuove generazioni ed è per questo che invito
a voler vivere momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione”.
Dopo
l’appassionato intervento della prof.ssa Policicchio, a nome dell’Associazione “Il Coviello” porta
i saluti agli intervenuti la dott.ssa Franca Dora Mannarino, la quale rchiama
al dovere di ricordare e non dimenticare. Poi ricorda l’esperienza
dell’incontro con la Comunità Ebraica di Napoli ed insiste sull’importanza dei
luoghi della memoria, invitando al tempo stesso, nonostante le difficoltà
economiche del momento, a visitare quei luoghi, quei forni, che c’erano
davvero.
Il prof.
Salvatore Sciandra nel suo toccante intervento dice: “Come padre, come docente
e come cittadino, non posso immaginare che ragazzi come voi non abbiano il bene
più grande, la libertà”. Quindi ricorda le “case sciullate” di Amantea, che non
sono cadute per l’incuria dell’uomo, ma perché colpite dalle bombe durante la
seconda guerra mondiale. Poi trasporta il pubblico agli inizi della sua
carriera scolastica in Piemonte, dove lungo le strade che percorreva in autobus
per raggiungere il posto di lavoro notava dei cippi che inizialmente gli erano
sembrati indicare i morti sulla strada. Successivamente si accorse che
portavano i nomi dei giovani fucilati per la libertà. “C’è qualcuno – osserva
il prof. Sciandra – che ancora nega che ci sono state Auschwitz ed altre cose
uguali. Io mi farei incidere la Stella di David sul braccio per dire quanto mi
sento vicino alla causa di quei perseguitati e per gridare la mia rabbia per
quanto è avvenuto ed il mio rifiuto della discriminazione e dell’ingiustizia”.
Poi, avviandosi verso la conclusione del suo intervento, invita a “cercare
attraverso la scuola la via della libertà e della pace”.
A questo
punto segue la proiezione del cortometraggio “Annientamento” a cura de “I
Cinematici”, realizzato per la partecipazione al Concorso “I giovani ricordano
la Shoah” 2013/2014 del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca. Al termine del filmato, Sabrina Caruso, componente del gruppo ed ex
alunna del Liceo Scientifico di Amantea, ringrazia per la partecipazione e perché
le è stata data la possibilità di realizzare il cortometraggio insieme al
gruppo.
Segue la
lettura di brani tratti da “Alcune lettere di condannati a morte della
Resistenza italiana” a cura di Claudio Ruggiero, Vicepresidente
dell’Associazione “Il Coviello”.
Quindi il
prof. Fabio Levi, dopo aver rivolto i ringraziamenti di rito per essere stato
invitato alla manifestazione e presentato la nascita e gli obiettivi del Centro,
illustra alcuni aspetti dell’opera e della personalità di Primo Levi, partendo
da episodi raccontati in uno degli ultimi capitoli di “Se questo è un uomo”, in
particolare da quello in cui si narra di quando i prigionieri avevano deciso di
ribellarsi e di far saltare uno dei forni crematorî. Qui lo studioso mette in
luce l’annientamento morale, prima che fisico, cui erano sottoposti i
prigionieri ed individua la necessità di seguire il percorso che ha portato
milioni di persone a passare da una vita normale a quell’esperienza terminale,
a subire la rottura della normalità quotidiana (il lavoro, la famiglia ecc.)
attraverso il licenziamento dal lavoro, la discriminazione, la persecuzione, la
deportazione, la prigionia in condizioni disumane, il sacrificio finale
mediante l’eliminazione totale. Qui mette in evidenza quella che lo scrittore
chiama “la zona grigia”, cioè quello spazio che separava le vittime dai
persecutori, che non era vuoto bensì pieno di figure intermedie di prigionieri
per vari motivi privilegiati, che si assimilavano ai persecutori.
“Per capire
quello che è successo, bisogna allargare lo sguardo su come si è arrivati alla
shoah”, sostiene lo studioso e ricorda che Levi dice “dovete ricordare” e poi
lancia la maledizione: “Se non lo farete, vi si sfaccia la casa!”. Levi era una
persona pacata, pacifica, una persona che riteneva che l’unico modo sensato per
dialogare con i propri lettori ed interlocutori era quello di raccontare. Dal
racconto possono nascere emozioni, ma le emozioni sono il punto di partenza.
Poi bisogna sviluppare ragionamenti, bisogna riflettere. Lì, nei campi di
concentramento, c’era incomunicabilità, mancanza di comunicazione: tra l’altro
si parlavano lingue diverse. L’incomunicabilità isola e mette in balìa del
proprio aguzzino. E Levi vuole aiutare i lettori a conoscere che cosa è
successo e a mettersi in allarme per cogliere elementi che possono portare alla
stessa situazione. “È avvenuto, quindi può accadere di nuovo” si legge nella
“Conclusione”. Quindi il Professore passa a raccontare di Levi, lo attualizza e
ricorda che non amava la scuola fascista, perché le materie scientifiche vi erano
sottovalutate, mentre vi si privilegiavano le materie umanistiche e poeti e
scrittori che potevano essere usati per la propaganda di regime. Nel ’43 ha
fatto il partigiano e venne arrestato e mandato ad Auschwitz. Gli ha cambiato
la vita il fatto che dal regime gli è stata imposta un’identità, quella ebrea,
mentre prima si sentiva uno dei tanti, un non diverso. A 24 anni viene
deportato ad Auschwitz, a 27 scrive “Se questo è un uomo”. Tutti i 40 anni
successivi sono stati segnati da quell’esperienza terribile ed egli ha cercato
di capire e di far capire. Scrive anche racconti di fantascienza, che non sono
pure divagazioni mentali, anzi c’è una relazione tra questi e l’esperienza del
campo di concentramento. Oltre a scrivere, ha girato per le scuole e raccontava
e rispondeva alle domande dei ragazzi, proprio per il bisogno profondo che
avvertiva di far conoscere la cosa terribile che era successa, e lo faceva con
la chiarezza cristallina e la semplicità con cui scriveva, cercando di mettere
a proprio agio i suoi giovani interlocutori. Era tale la preoccupazione di
farsi capire, che nell’edizione specifica dell’opera per ragazzi inserisce
delle note con cui cerca di spiegare parole di difficile comprensione e termini
stranieri. Nell’ ”Appendice” del 1976 a “Se questo è un uomo” inserisce alcune
risposte date alle domande di giovani studenti, dalle quali emerge la
familiarità con cui egli trattava i propri interlocutori.
Segue
l’intervento della dott.ssa Roberta Mori, che invita a leggere l’ “Appendice” e
parla di Levi come chimico e intellettuale e dei suoi interessi per la scienza,
la chimica e gli animali. Quindi seguono alcune domande dei ragazzi a cui la
dott.ssa risponde in coppia con il prof. Levi. Da una delle risposte emerge che
nel campo di concentramento c’era qualche episodio di resistenza organizzata,
ma ogni volontà era piegata e spezzata anche a causa dell’incomunicabilità.
Alcuni venivano picchiati ed uccisi anche perché non capivano gli ordini
impartiti.
Alla domanda:”Perché
il rifiuto di tanti a capire e accettare quello che era successo?” il prof.
Levi risponde che c’erano due guerre, una sul fronte e l’altra ideologica
contro gli Ebrei. Anche quando Hitler perdeva la guerra sul fronte, usava i
treni, che sarebbero potuti servire per trasportare soldati, per deportare. Gli
altri Stati volevano vincere la guerra, ma sottovalutavano il problema delle
persecuzioni. Quindi sapevano, ma sottovalutavano e tacevano con colpa. Inoltre
non c’era informazione, come c’è oggi. Quindi la difficoltà d’informazione
favoriva certamente la non conoscenza di quanto accadeva e il rifiuto di
accettare l’enormità del dramma che si verificava.
Alla domanda:
“Che sapevano gli Ebrei?” la risposta è che anche loro sapevano poco di quello
che succedeva loro. Dello sterminio si seppe dopo. Il prof. aggiunge: “Quando
uno non vuol sapere, non sa. Su questo Levi ci invita a riflettere sulla non
volontà di pensare e conoscere”.
Difficile è,
per il prof. Levi, rispondere alla domanda di un alunno che chiede per quale
ragione Levi decise di suicidarsi. Non è lecito entrare nei segreti di chi ha
deciso di compiere un atto del genere. Noi, però, dobbiamo evitare di
riconsiderare la sua vita alla luce di quest’ultimo atto. Levi amava la vita.
Se così non fosse, non si sarebbe salvato da Auschwitz.
Terminato il
dibattito, prende la parola la Dirigente, che ringrazia il prof. Levi e la
dott.ssa Mori per gli importanti contributi forniti alla conoscenza dei ragazzi
sull’opera, la personalità e l’attività di Primo Levi e sulle vicende a cui lo
scrittore ha legato la sua vita e la sua opera, inoltre per il rilievo dato
alla manifestazione con la loro presenza; la prof.ssa Mileti per aver
coordinato l’evento; l’Associazione “Il Coviello” per il decisivo contributo
dato alla conduzione ed allo svolgimento dell’evento; “I Cinematici” per le
emozioni che hanno saputo trasmettere con il loro cortometraggio; gli alunni
per aver dato vita e senso all’evento medesimo con la loro partecipazione
attiva, con il lavoro e con la passione con cui hanno animato il dibattito;
tutti i presenti per la partecipazione numerosa e generosa.
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