Uno scatto dei resti del castello di Aiello. Il bastione è attualmente in corso di pulitura ad opera di Rosario Bernardo che nelle ore libere si presta a rendere più visibili parti della struttura risalente al periodo normanno.
Qui di seguito, la descrizione del maniero tratta da Borretti.
"Abbiamo già visto come il Castello
sia stato l’epicentro di vicende storiche rilevanti, almeno nei secoli –
intorno al mille e subito dopo – in cui queste strutture avevano grande
importanza strategica. La sua esistenza è documentata almeno sin dai Normanni
(dal 1050), ed è ovvio che la posizione fosse sempre l’attuale, su una roccia
che domina e l’abitato e la strada dal mare a Grimaldi: una roccaforte naturale
che lo rendeva imprendibile, e che spiega come l’impianto non fosse quello del
castrum classico, ma avesse solo due torri, non essendo necessario difendere i
lati di sud e di ovest, inaccessibili. Del resto, la massima cura era stata
posta nel realizzare le difese. Una prima cinta muraria [E], con il classico
torrione di vedetta [G], proteggeva la parte più bassa e racchiudeva la
“cittadella” [H], cui si accedeva solo dopo avere oltrepassato due porte [C, I]
e corpi di guardia [D, J]; l’entrata al corpo principale poteva avvenire solo
attraverso altre due porte superiori [K, L], controllate da altro corpo di
guardia e da un rivellino di forma circolare [A], e numerosi altri accorgimenti
(anche un ponte levatoio) e postazioni difensive erano sistemati un po’
dovunque.
La parte residenziale era anch’essa imponente – nel
complesso, il Castello di Ajello era uno dei più grandi della regione – e
comprendeva una cappella intitolata ai SS. Pietro e Paolo [M], numerosi locali
e abitazioni [Q, R, S], almeno quattro cisterne [1, 2, 3, 4] di raccolta
dell’acqua piovana, il carcere, diverse torri [A, B, G, N, P], magazzini, ed un
cortile grandissimo [O], che nei disegni del ‘500 ’600 appare lastricato e con
giardino. Ci si riferisce, naturalmente, al periodo d’oro della costruzione,
quando essa era sede delle potenti dinastie dei Siscar e dei Cybo (secoli
XVXVI). Cessata già da tempo la funzione militare, terminata la residenza dei
Cybo, e gravemente danneggiato dai terremoti del 1638 e 1783, il forte decadde
e fu abbandonato, anche se la sua funzione carceraria, che abbiamo visto già
esistente nel 1200, venne continuata sino al 1800.
Nel 1655, secondo un inedito inventario cortesemente
sottopostomi dal prof. Cozzetto, la dotazione del forte, e pertanto le sue
condizioni, appaiono ben misere: mancano dudici tavole al tavolato.... dui
matarazzi ed lo faccie tutte rappezzate che a’ mali pena possono durare
un’Anno.... una travacca vecchia senza tavole.... (ma già nel 1567 la Relazione
del Di Guido, pubblicata dal Cammera, parlava di tetti tutti rotti; epperò
contrasta nettamente con la positiva de-scrizione del Barbaro, del 1565). Uno
stato ancora più miserando vie-ne rilevato sia nel 1771 dallo Schioppa (molte
fabbriche sono rovinate.....) che nel 1789, come dall’atto pubblicato da
Liberti e da Kostner: porta di pietra metà cascata.... torrione diruto....
cappella lesionata.... camere coll’architravi rotti.... quattro stanze già
rovinate....e così via. Eppure, l’imponenza della suggestiva fortificazione,
oggi pure soffocata dal pericoloso sviluppo di cipressi inopinatamente colà
piantati decenni or sono, dovrebbe spingere ad un più approfondito studio, ed al
recupero del monumento. In pratica, gli unici saggi sono stati effettuati a
cura dello scrivente, rendendo di nuovo agibile la torre quadra [B] ed in parte
quella roton-da [A], ingombre di detriti e tentando di ritrovare il piano
originario del cortile [O], anch’esso elevato per il materiale crollato. La
visita al Castello inizia salendo dalla scoscesa stradina vicino all’ex Casa
del Fascio: subito si trovano le tracce di alcuni ambienti coperti,
evi-dentemente il primo corpo di guardia. Continuando a salire, a mezza costa
si trovano resti di altra entrata e poi la via d’accesso [F] pro-segue nella
sua forma pressoché originaria, stupendamente scavata nella roccia. Si arriva
quindi all’entrata [C], che era a destra di quella attuale, come si rileva
dalle tracce di scalini (e dai disegni del 1500 e 1600). Controllata da altro
corpo di guardia [J], essa dava nella grande “cittadella” o “avanzata” (che ai
fini militari serviva, ove i nemici fossero riusciti ad entrare, ad
intrappolarli, e comunque aveva una funzione logistica ed era provvista anche
di cisterna [1]). Nella parte inferiore, chiusa da cinta muraria con torri,
v’era un “torrione” [G], con tipiche funzioni di vedetta. A mano sinistra,
altro corpo di guardia [D] sorvegliava un’altra porta [K], sorpassata la quale
si raggiungeva a destra l’entrata alla parte residenziale. Di fronte, una torre
a due piani [A] controllava l’accesso (e forse era collegata per via
sotterranea con l’edificio principale), mentre più su v’era una singolare
postazione difensiva creata su uno spuntone di roccia [P], forse raggiungibile
con ponteggi. Entrando, dunque, si notano a sinistra segni di costruzioni: in
questo posto, secondo i documenti, v’erano la cappella [M], e poi delle
abitazioni, con cucina e magazzini sotterranei, e un giardino. Verso il
cortile, a sinistra sorgeva, secon-do i disegni, un’alta abitazione, che però,
in ogni caso, aveva alla base, come riscontrabile, una grande cisterna [2], con
vasca di decantazione, per la raccolta dell’acqua piovana. Anche a destra le
abitazioni principali, con grande salone cui si accedeva da una scalinata [T],
poggiavano su altre cisterne [3], là dove sono rima-ste delle arcate, ed
un’altra ancora [4] è al centro del cortile. Di fronte, la cortina muraria –
dotata un tempo di passaggio coperto – ove sono rimaste poche mensole, e le due
torri, riconducibili al 1400-1500, dalla struttura abbastanza elegante,
specialmente quella quadrata [B] ove fino ad alcuni decenni or sono era ancora
visibile la bifora, mentre quella ottagonale, forse più antica [N], e
denominata nel ‘500 Torre dell’orologio – evidentemente per l’esistenza di tale
meccanismo, con campana – conserva ancora poche tracce di modanature e
finestre. Purtroppo, i manufatti più pregevoli sono stati da tempo asportati,
come è triste sorte delle nostre fortificazioni, divenute vere cave da cui
estrarre la pietra, e vedo anche prossima la scompar-sa totale del paramento
tufaceo della torre quadra. E’ superfluo dire che quanto qui ricordato attiene
agli elementi principali, ma ogni appassionato potrà trovare ulteriori motivi
d’interesse e addivenire anche a nuove scoperte".
Raffaele Borretti,
Ajello, Antichità e Monumenti, 1994
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