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“Il Castello di Aiello” nei versi di Franco Pedatella

Da Franco Pedatella riceviamo e postiamo una poesia dedicata al castello di Ajello, che consta di due parti: la prima composta a dicembre 2013, e la seconda in occasione dell’inaugurazione del maniero lo scorso 16 luglio. Buona lettura

Il castello di Aiello

Turrite mura e pietre al sol riarse
tra le ondeggianti cime capolino
fanno e al passegger di mille anni
e più la storia narran della gente

che l’abitò e vinse e fu sovrana
degli altri borghi intorno e d’invasori
fu serva ed a tremuoti fu soggetta
che il volto e il petto e il piè ne deturpâro.

Or te ne stai solingo, mio castello,
sopra il costone donde le vallate
d’Oliva, Guarna, del Maiuzzo e l’Onti

osservi da padrone e piú non odi
gli strilli dei bambini sul tuo piano
che giocano a pallone e gridan: “Goal”.

Franco Pedatella, Roma, 15 dicembre 2013

***

Ma l’anno nuovo ti restituisce
l’aspetto antico e il muro già cadente
ritorna maestoso pei lavori
di bel restauro, che prepara anni

di nuovo tuo splendór, che qui attraente
richiamerà visitatori e genti,
che da te attratti e resi interessati
decideràn di rimaner nel borgo.

Avranno casa, su trarràn famiglia
e bimbi ripopoleràn le strade;
risoneràn di grida lor festose
piazze e vie tornate a nuova vita.

Allora nel ricordo torna in mente
quello che vidi e vissi da bambino
ed ebbe a riempir le mie giornate
e in sogno prende corpo e si fa vero.

Odo allór da porte spalancate
di sega il rauco fischio e di martello
il batter ferro o scarpe e il picchiettare
d’ago che cuce ratto stoffe nuove
e il richiamar d’antico bottegaio
dall’uscio, suscitando l’attenzione
di quei che passa ed esser può cliente
che acquista merce nuova, buona e bella.

Odo il trottar di mulo o di cavallo
o d’asino, cui zoccoli ha applicato
il fabbro, da cui esce scalpitando,
e rintronar fan zoccoli il selciato;

sparger dall’officina irregolari
colpi un motore vecchio e un po’ sfasato,
che grande mastro tenta di aggiustare
per metter l’automobile su strada;

di donne il chiacchierar nel vicinato
mentre si fila, cuce o si ricama;
il gioco delle carte in bar chiassoso,
“padrone e sotto” e un bel bicchier di vino

nelle cantine sparse per le vie;
le strade pien di gente a passeggiare,
il parapetto vivo a “criticare”,
talór con piglio ardito e spudorato,

quello che passa, parla e poi scompare,
specie s’è uomo in vista, che può fare,
o donna bella incline ad ancheggiare
con tacco alto e passo al suol battente;

dall’alta impalcatura il muratore
tornare a fare il tetto od opra nuova
incominciar, per fare nuovo alloggio
per gente che ha deciso di restare,

mentre pressante in casa attigua batte
telaio antico che a novelle spose
prepara il corredo e annuncia nozze
a giovinette cui il cuor batte e spera.

Sul fare della sera “focarelle”
vedo e le donne intorno riunite
a ricordar l’orrendo terremoto
che il tetto tolse e i cari a chi è scampato

e l’otto di settembre di ogni anno
tra le vicine viene ricordato

e in conversar si fanno ancór piú stretti
legami tra famiglie in vicinato.

Stagnare vedo al fuoco “ ‘u quadararu”
pentole usate e farne ancóra nuove;
portare da Borgile “ ‘u pignataru
cúcume, pignate e cucumielli”;

venir dalle campagne i contadini
a piedi o sull’asino a cavallo
per vendere gli ortaggi freschi e sani,
lieti cantando motivetti antichi.

Sotto il tuo sguardo torna amore e vita
e Aiello tiene in braccio nuovi figli,
che gioia spargeranno per le strade
sotto il guardar di anziani compiaciuti.

“Il piatto è pronto” dir può sposa a sposo,
quando è giunta l’ora di pranzare
ed è normal sospender l’opra in corso
e proseguire poi con cuor posato.

Insomma il paese qual già è stato
torna a novella vita e l’aria antica,
che un dí s’è respirata, a circolare
torna e a ridare sangue, aria e amore.

Franco Pedatella, Aiello Calabro, 16 luglio 2025

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