Passa ai contenuti principali

Chiesa del S.S. Rosario di Cleto. Comune e ditta consensualmente rescindono il contratto di appalto


CLETO, CS – Il Comune e la ditta di Molfetta che si era aggiudicata i lavori di messa in sicurezza della pericolante chiesetta detta del S.S. Rosario, al centro di una contesa tra lo stesso Comune e l’attuale proprietario, hanno concordato di rescindere il contratto, stante la non eseguibilità dell’appalto.
Come si ricorderà, la struttura una volta luogo di culto, dichiarata dalla Soprintendenza di interesse culturale (decreto 39/2014), di proprietà della Parrocchia di S. Maria Assunta, era stata acquistata nel luglio 2015 da un imprenditore olandese per 10 mila euro, per restaurarla e adibirla a centro d’arte internazionale. Il comune, però, prima che venisse venduta, aveva ottenuto già nel 2014, un finanziamento (fondi Por) di 300 mila euro, parte dei quali destinati alla chiesa del S.S. Rosario, i cui lavori furono appaltati nell’autunno di quell’anno. In seguito, ad aprile 2015, l’Amministrazione cletese guidata sino ad allora dal sindaco Longo decade per effetto delle dimissioni dei consiglieri di minoranza e di alcuni di maggioranza.
Tra luglio ed ottobre successivi, nel mentre il comune è commissariato – il quale non si sa come mai non abbia esercitato il diritto di prelazione - viene perfezionata la compravendita tra la Parrocchia e l’imprenditore olandese. Il progetto imprenditoriale di trasformazione della chiesa in centro d’arte, però, con la rielezione a giugno 2016 della compagine politica di Longo e Filice, subirà uno stop. Già a luglio, infatti, il Consiglio comunale ne dichiara la pubblica utilità, perché il bene, simbolo identitario di Cleto deve ritornare alla comunità, e con decreto successivo, lo espropria. Il Tar Calabria, poi, al quale si era rivolto il proprietario, annulla tutto per difetti di notifica.
Dopo i tentativi dei giorni scorsi di intermediazione (offerta di partenariato da parte del comune ai privati, e bene da restituire alla comunità) non andati a buon fine, la querelle, a giudicare da quanto si evince dal documento allegato alla delibera di Giunta n° 26 del 5 aprile, sembra andare verso le vie legali con la richiesta di risarcimento danni. Danni che si riferiscono non solo alla mancata esecuzione degli interventi, quanto all’impossibilità di rendere agibili anche le aree del castello. Verosimilmente (anche se improbabile, c’è chi spera ancora che si trovi un accordo in extremis), sarà dunque la giustizia a stabilire chi ha torto e chi ragione e a chiarire se il bene dichiarato di interesse culturale potesse essere alienato ai sensi del Codice dei Beni Culturali vigente. Per quanto riguarda il progetto di completamento degli spazi fruibili del maniero è stato già ripresentato e e si spera possa essere inserito nella programmazione della regione. A breve, inoltre, il comune riproporrà l’esproprio della summenzionata chiesa.
RASSEGNA STAMPA

Commenti