La
situazione odierna, nonostante le tante parole che si fanno sulla libertà e
l’emancipazione della donna e la parità dei diritti con l’uomo, stando alle
cronache, è davvero disperata e deve preoccupare a causa dei continui atti di
violenza di cui il sesso femminile è fatto oggetto, violenza che arriva
all’uccisione, il cosiddetto femminicidio. Allora accanto alla repressione del
delitto bisogna adottare la prevenzione, soprattutto una particolare forma di
prevenzione che si chiama educazione, cioè quel complesso di conoscenze e di
comportamenti che formano l’uomo e lo rendono civile. Per questo ho pensato,
per questa ricorrenza, di scrivere un testo che esalti le buone maniere che
ogni uomo deve usare nei confronti della donna, a cominciare dalla propria donna,
che può essere la moglie, la compagna, la fidanzata, l’innamorata, la madre, la
sorella, per non dire la donna che gli è vicina. L’uomo deve rivolgerle
pensieri di cortesia, farla destinataria di parole gentili, farla oggetto, sì,
proprio oggetto di lodi che non abbiano niente di materiale, ma la collochino
in un’atmosfera in cui il rispetto, addirittura l’adorazione, sia il motivo dominante
di un rapporto nel quale la parità si realizza anche attraverso la cortesia e
la raffinatezza dell’habitus su un piano
spirituale. In un uomo educato in questo modo non vi può essere posto per
intenzioni malvagie o brutali. Avremo così aiutato la prevenzione, quella che
generalmente s’intende come intervento di tutela prima che si verifichi il
fattaccio, ed evitato, in molti casi, la repressione. Le obiezioni a questo
testo saranno tante, ma ritengo che lo si possa considerare un elemento capace
di suggerire strade alternative alle tante ovvietà che si sentono in giro e far
partire un processo di maturazione, all’interno della coscienza di ogni uomo
degno di tal nome, di un comportamento onorevole. Sogni? Non so. Intanto non è
qualcosa di sostitutivo, è solo un elemento aggiuntivo che mette al centro l’educazione
e può parlare a molte coscienze, non a tutte. Poi, si sa, non tutti i chicchi
di grano seminati nel campo daranno frutti, ma nel campo degli uomini i frutti
buoni possono anche contagiare, forse costituire un’epidemia benefica. E sia!
Inghirlandar
vorrei le belle chiome
del
fulvido color della mimosa,
ma
di bel fior non son raccoglitore,
di
voci fabbro sono risonanti.
Per
questo t’inghirlando di parole
e
laudi tesso alle dolci chiome,
degli
occhi canto eterno lo splendore,
dell’animo
il calor, del cuor l’amore.
Se
il fior s’affloscia e perde il suo vigore,
quando
alla sera il sol s’asconde e tace
e
nega alla campagna il suo calore,
il
verso mio la luce tua riporta
tra
innumeri anni ai secoli futuri,
sicché
qual dea vivrai tra gente nova.
Auguri!
Cleto,
8 marzo 2014
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