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Rassicuratori istituzionali sulla Calabria inquinata

Il Quotidiano della Calabria 
10 novembre 2011, pag. 18
di Alfonso Lorelli - Testo dal Blog del Comitato De Grazia
Sui veleni disseminati in Calabria e nei mari che la circondano è in atto una “campagna” istituzionale volta a rassicurare la popolazione, mediante tutti i mezzi di informazione, che si è trattato solo di falsi allarmismi del movimento ambientalista, che non esistono pericoli per la salute della gente e che, conseguentemente, non bisogna bonificare i siti che sarebbero solo “leggermente” inquinati, anche perché ( ed è qui il bandolo della matassa) non vi sono i soldi per farlo.
Questa “campagna d’autunno” è stata rilanciata anche perché il vasto e variegato movimento popolare che si era espresso con la grande manifestazione dei “35.000 di Amantea” di due anni fa, sembra essersi oggi indebolito e disperso. E come la storia insegna quando le lotte ristagnano arriva il riflusso e con esso la vendetta.
Rassicurare è la loro parola d’ordine; l’elenco dei “rassicuratori istituzionali” è lungo; identico il loro cliché. Negano senza dimostrare; e poiché l’onere della prova spetta a chi afferma e non a chi nega, il movimento ambientalista, che non può fare carotaggi o prospezioni nei fondali marini dati gli enormi costi finanziari e le norme vigenti, viene neutralizzato dai comunicati “rassicuranti” delle istituzioni. Ha iniziato due anni fa la ministra Prestigiacomo sulla vicenda del relitto di Cetraro presentato come quello della motonave Catania e non della famigerata Cunschy; e poiché nessuno poteva dimostrare il contrario, quantunque gli elementi logico-induttivi fossero numerosi ed andassero in direzione opposta, quella versione  ufficiale è stata spacciata per verità, fatta propria dal procuratore antimafia Grasso, dal suo sostituto Cisterna e recentemente dal proc. Pignatone in attesa di promozione e trasferimento. Molti sindaci ed una parte della popolazione si adagiarono su quella versione ufficiale, mentre forse il capitano Natale De Grazia si rivoltava nella tomba; lui  che indagava seriamente sulle  navi dei veleni, che aveva chiesto alla Saipem di mettere a disposizione la sola nave capace di fare prospezioni in profondità abissali, lui che morì in circostanze misteriose mentre cercava la verità oggi negata.
Recentemente altri rassicuratori si sono uniti al coro. La Direzione marittima delle capitanerie di porto della Calabria, in una corposa relazione sullo stato dei nostri mari, afferma di aver censito 288 relitti e di aver “verificato” che “non vi è traccia di presenza di navi affondate con sostanze pericolose”. Come abbiano fatto queste Capitanerie di porto a giungere a tali risultati non sappiamo; infatti ancora due anni fa ci dicevano di non avere i mezzi necessari per scandagliare, fotografare, prelevare campioni da profondità abissali dove si trovano molti relitti; tanto che per la prospezione del relitto di Cetraro si usò la nave “Mare Oceano” dell’imprenditore Attanasio che, ci dissero, era la sola a poter arrivare alla profondità di 480 metri, fotografare ma non portare in superficie campioni del carico contenuto nelle stive. Anche su questa “rassicurazione istituzionale” perciò resta il dubbio, anzi l’incredulità.
Le dichiarazioni della Direzione marittima della Calabria e quelle del giudice Pignatone sono state prese al volo dal presidente della Regione Scopelliti che riferendosi alle “ricerche” ed ai “riscontri di diverse istituzioni” ha voluto, anche lui, dare addosso agli ambientalisti che vorrebbero terrorizzare la popolazione calabrese producendo danni al turismo ed a tutti i cittadini.
A questi “rassicuratori” di casa nostra sembra volersi aggiungere anche la Commissione ambiente della Unione Europea i cui rappresentanti, su sollecitazione dell’on. Mario Pirillo, si recheranno in Calabria il 23 e 24 novembre prossimi. Infatti apprendiamo dai giornali che i componenti di detta Commissione si appresterebbero anche loro a “rassicurare “ la popolazione sulla inesistenza di pericoli per la popolazione che abita nella vallata del fiume Oliva e nei Comuni contermini. Se questo dovesse essere l’intento dei Commissari europei ci troveremmo, ancora una volta, di fronte all’ennesima presa di posizione aprioristica, assunta a tavolino, senza aver acquisito, verificato e valutato le risultanze degli accertamenti in loco e dei carotaggi effettuati per conto della Procura della Repubblica di Paola.
Nella vallata dell’Oliva vi sono migliaiia di tonnellate di rifiuti tossici colà sepolti da anni, la loro pericolosità per la salute della gente è indiscutibile perché è stata accertata(vedasi relazione Brancati), perciò ogni “rassicuratore” istituzionale non è credibile.A tutti i “rassicuratori” chiediamo di consultare gli atti cioè le analisi effettuate sul terreno e nelle acque, perché le risultanze parlano chiaro. In località Petrone di Aiello C. l’Ispra ha rilevato la presenza di cesio 137, radionuclide artificiale altamente cancerogeno, in quantità pari a 132 Becquerel per chilogrammo di terreno, mentre la presenza in terreni non inquinati non supera il valore di 16 Bq/kg. E che l’Ispra, per rassicurare, abbia detto che si tratta di ricadute dopo Cernobyl, non convince nessuno perché è assurdo credere che la nube radioattiva proveniente dall’Urss abbia scelto proprio l’Oliva per depositarsi.  In località Foresta la presenza di berillio e cadmio superano di ben 15 volte il valore di cui al DM 471/99, lo stagno è presente in valori superiori a 12 volte e la presenza di altri metalli pesanti rinvenuti nel corso dei carotaggi  effettuati è assolutamente incompatibile con fattori naturali. Su questi e su altri dati che sono in possesso del Procuratore Giordano  bisogna ragionare, non sulla propaganda “rassicurante” delle istituzioni.
Alla Commissione europea, alla Regione Calabria, al Ministero dell’ambiente spetta un solo compito: mettersi all’opera, insieme ed ognuno per le competenze proprie, per programmare, finanziare ed effettuare le necessarie bonifiche, ponendo la parola fine ad una vicenda che va risolta al più presto e senza mettere la testa sotto la sabbia. La popolazione non ha bisogno di chiacchiere che rassicurano ma di fatti che risolvono.

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