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Gli anni di piombo dalla parte delle vittime. Una testimonianza forte di Lorenzo Conti, figlio di Lando ex sindaco di Firenze ucciso dalle Br




AIELLO CALABRO - Gli anni di piombo, visti e vissuti con gli occhi delle vittime del terrorismo. Nell'incontro pubblico della scorsa domenica, organizzato dal locale movimento giovanile dell'Udc, che aveva il fine di offrire «una visione storica completa e corretta» degli anni del terrorismo, diversa da quella della presentazione dell'ultimo libro della ex Br Barbara Balzerani (Perché io, perché non tu), svoltasi ad agosto nella cittadina a cura della locale amministrazione comunale, gli interventi che si sono succeduti - da quello introduttivo del commissario locale del partito Andrea Bruni, a quelli successivi di Davide Gravina, sindaco di Fuscaldo, degli On.li Occhiuto e Tassone ed i contributi del pubblico intervenuto al dibattito - sono stati unanimi nel criticare duramente quella iniziativa culturale a cui presenziò quale autrice del volume Barbara Balzerani.
Mario Tassone, in particolare, ha riferito della sua esperienza, negli anni del delitto Moro, di giovane deputato democristiano. Al pari degli altri relatori, si è detto contrario ad iniziative che tendono a qualificare ex terroristi e che scardinano le istituzioni.
Forte, densa di particolari, di emozioni, di accuse, la testimonianza del figlio di Lando Conti, sindaco repubblicano di Firenze dal marzo 1984 fino al settembre 1985, ucciso il 10 febbraio 1986 dalle Brigate Rosse.
Lorenzo Conti, classe 1966, quando venne ucciso il padre aveva 20 anni. Quel giorno, il politico fiorentino stava recandosi ad una seduta del Consiglio comunale della città del Giglio dove però non arriverà mai. Lo aspettava un commando di 13 brigatisti. Su 23 colpi sparati da mitragliette Skorpion - le stesse che avevano spento la vita di Ezio Tarantelli - ne andarono a segno 17. Il figlio Lorenzo, avvisato dai Carabinieri, arriva sul posto mezz'ora dopo. Gli rimarrà impresso per sempre il puzzo della polvere da sparo. Il padre è lì, riverso in macchina, in una pozza di sangue, gli occhi ancora aperti. Qualche tempo prima, in virtù di un accordo interpartitico che lo porta a diventare primo cittadino del capoluogo toscano, era stato accusato di essere un "mercante d'armi". Una accusa non vera, dice Lorenzo Conti. La famiglia Conti era proprietaria solo di uno 0,26% di una fabbrica di radar. Nulla di più. Per questo fu minacciato di morte. Ma rifiutò la scorta. Non voleva che assieme a lui ci fossero altre vittime, come era già capitato.
Non se lo è dimenticato quel brutto giorno di febbraio di 23 anni fa in cui perse il padre. Non si è dimenticato di quei brigatisti che glielo uccisero e che ne rivendicarono l'azione criminale. Il racconto prosegue e si dipana attraverso gli anni successivi al febbraio 1986. Davanti ad una platea attenta e numerosa, Conti ha riferito del processo e del cinismo dei Brigatisti del partito comunista combattente alla sbarra, ha raccontato delle sue battaglie a favore delle vittime del terrorismo, e puntato l'indice verso quella magistratura che «ha fatto finta di non vedere, dove era chiaro vedere». Ha snocciolato cifre: 20 mila attentati, 5 mila feriti, 500 morti. Di cui le Br si sono rese protagoniste. Di cui Barbara Balzerani era esponente di spicco, componente del gruppo di fuoco del delitto Moro, di quello del padre, di Tarantelli e di tanti altri. «Come si fa - ha detto - a concederle la libertà dopo appena 20 anni di galera?».
«Non posso, come uomo e come vittima del terrorismo - ha affermato  ancora Conti, riferendosi all'iniziativa agostana svoltasi ad Aiello - accettare che un sindaco inviti una terrorista con i fondi dei cittadini». E su tale questione, ha annunciato che nei prossimi giorni farà un esposto alla Corte dei Conti, proprio contro il sindaco Iacucci. 

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