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Barbara Balzerani ad Aiello per la presentazione calabrese di "Perché io, perché non tu"


AIELLO CALABRO – Un periodo storico a noi vicino, quello degli anni di piombo, quello del terrorismo e delle Brigate rosse, del quale attraverso un racconto emozionale ci parla una donna che quegli anni li ha vissuti con passione e intensità estreme. Attraverso le azioni terroristiche e poi con il carcere. Il libro di Barbara Balzerani, conosciuta negli anni ‘70 come la primula rossa delle Br, o anche come Sara, il nome di battaglia che aveva scelto per lottare contro quel mondo percepito così ingiusto e senza avvertire la possibilità di rassegnarsi a quella realtà, non ha mancato di sollecitare, nel corso della sua presentazione calabrese ad Aiello Calabro (Cs), una serie di riflessioni interessanti - naturalmente di vario segno - sia dalle relazioni che si sono alternate che da un uditorio attento e partecipe.
“Perché io, perché non tu”, terzo romanzo di Barbara Balzerani, non voleva essere, nelle intenzioni dell’autrice, un memoriale delle esperienze di lotta armata, ma piuttosto una ricerca di verità intima, come avverte Erri De Luca nella prefazione al volume edito da DeriveApprodi di Roma, che «sta dietro ai fatti e agli episodi, che giustifica scelte ma allo stesso tempo obbliga a porsi interrogativi sul senso di quel percorso che chiamiamo vita».
Le motivazioni di una scelta definita difficile, questa dell’incontro con Barbara Balzerani, le ha spiegate il sindaco di Aiello Calabro, Franco Iacucci. Motivazioni legate «all’esigenza, a volte dimenticata, di ripensare il nostro passato recente che spesso semina più dubbi che certezze».
«Il libro di Barbara Balzerani – ha detto Iacucci - è uno strumento didattico da consigliare. Se letto con un’adeguata conoscenza della storia degli anni '70. Perché descrive, in modo preciso e articolato, cosa ha determinato il loro comportamento violento, non solo sulla società ma anche sulla propria esistenza, e quindi può rappresentare un efficace deterrente verso quanti animati da voglia di cambiare ciò che non ritengono giusto, rischiano di sconfinare in atteggiamenti violenti».
Iacucci ha annunciato pure altri incontri per approfondire la nostra storia recente. Già ci sono stati contatti – ha detto - con la figlia di Guido Rossa, e del figlio del commissario Calabresi. Per analizzare quel periodo da diversi punti di vista.
La presentazione del libro – moderata dal collega Rai, Pino Grandinetti e inframmezzata dalla lettura di brani del volume a cura della attrice Cristina Mantis - nella maggior parte delle relazioni di chi il libro lo ha letto e analizzato, si è basata, più che altro, sull’aspetto letterario.
Per il professore Franco Crispini, c’è un aspetto centrale, non tanto la dimensione narrativa, ma un aspetto della qualità letteraria del libro. Quello di una scrittura nervosa, aggressiva, spezzata, carica di rabbia. A Crispini, del libro, ha interessato la crescita dell’io politico, prescindendo dalla vicenda strettamente personale della Balzerani. Un io politico che esce fuori da un vissuto traumatizzato dalla diseguaglianza sociale, e poi dall’esperienza carceraria. Di questo libro, profondo, difficile da leggere, il professore Crispini ha richiamato l’attenzione in particolare su due capitoli che ha definito “politici”: “Genova per noi” e “La scopa lavata” «che richiamano fondamentalmente – ha suggerito - ai deragliamenti del ’68». Altro aspetto segnalato da Crispini è la figura del “figliol prodigo” (come dirà poi l’autrice, si tratta di Alberto Franceschini) che la Balzerani, in un passaggio del libro accusa, dopo essere stato tra i fondatori delle Br, di essersi pentito, ritornato alla casa del padre ovvero del Pci, e fattosi paladino della tesi del complotto che voleva le Br strumenti dei servizi segreti deviati delle forze reazionarie internazionali.
Barbara Balzerani, classe 1949, un trascorso da dirigente del gruppo armato delle Brigate rosse, protagonista del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro, più di 21 anni passati a Rebibbia (arrestata nel 1985), e «ancora altri cinque, legati alla catena di obblighi della libertà vigilata», nel suo intervento parla dell’esigenza di cercare un linguaggio che comunichi. Una ricerca di parole nuove – come aveva pure evidenziato nel corso della serata lo storico Eugenio Medaglia - per cercare di mettersi in contatto con le nuove generazioni. In qualche maniera per parlare della sua esperienza, di un mondo che non esiste più, che non ha mai rinnegato, ma che non esiste più e da cui si è anche allontanata. Quello che è mancato però nel quadro politico italiano, a giudizio della ex brigatista, è la possibilità di poter discutere e riflettere sugli anni ’70, della scelta – errata - della lotta armata. Una discussione che nessuno ha voluto. «Non emergono – ha detto Barbara Balzerani – altri tipi di responsabilità, se non le nostre. E questo credo che sia un grosso guaio della politica italiana. Perché il quadro disastroso che abbiamo di fronte nasce anche dalla difficoltà di riflettere su quegli anni».
Lunga coda, sul finale, di interventi, di repliche e controrepliche. Non sono mancati, come era da prevedersi, spunti polemici e domande rivolte all’autrice.

Commenti

  1. Mi sono sempre interrogato, durante gli anni di piombo, che cosa passasse per la testa a chi sparava alle spalle di persone inermi e l'unica risposta che ho potuto dare a me stesso era la netta impressione che costoro avessero affrontato la lettura dei testi di Marx e Lenin sul "Bignami" e per giunta senza la necessaria base filosofica. Basta rileggere la prosa dei loro proclami: cultura posticcia e di netta derivazione dalla prosa dei vari caroselli di allora. Del resto il "18 politico" allora era di moda e mi sorge il dubbio che molti "accademici" del tempo presente dovrebbero innanzitutto parlare - con sincerità - di sé stessi e non abbandonarsi a discorsi impregnati di paroloni senza senso con le quali tentano di colmare la loro vita vacua. Forse non si rendono conto che uccidono di nuovo i morti. Se ne avessero coscienza forse tacerebbero, ma costoro il dovere lo attribuiscono agli altri, loro sono soltanto titolari di diritti.

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